mercoledì 28 dicembre 2011

Verdena - 7EP

Operazioni commerciali per dischi che non è che lo siano proprio

2011 (dal 1999 al 2007, in realtà)

Sulla spinta propulsiva del successo (meritato) di WOW l'Universal ha deciso di pubblicare, ad aprile 2011, una raccolta dei vari ep che i Verdena hanno rilasciato dal loro omonimo debutto fino al penultimo album Requiem.
Con il packaging merdoso che ogni buona paraculata commerciale richiede, ovviamente. Il massimo guadagno con il minimo sforzo: una scatola di cartone contenente 7 cd dentro altrettante scarne custodie di cartoncino leggero, senza nessun booklet o riproduzione delle confezioni originali.
Insomma, eccessiva essenzialità a parte, era proprio la collezione che stavo aspettando. I Verdena con i loro ep possiedono, infatti, una discografia parallela poco conosciuta ma molto interessante. Nei loro "maxisingoli" (questo effettivamente sono: un singolo con l'aggiunta di 3 o 4 b-side) i 3 albinesi hanno voluto sperimentare suoni un po' più ostici. Come i rumorismi elettronici di "Malaga" e i battiti funerei di "Fluido" dall'ep Caños (2007), la suite da 10 minuti in 2 atti "Solo un grande sasso" (Miami Safari EP, 2002) o l'improvvisazione sbronza e zigzagante di "Omashee" (Luna EP, 2004) in cui, insolitamente, Alberto suona la batteria e Luca canta e suona la chitarra.
E quando non sperimentano semplicemente scrivono grandi pezzi ("Perfect Day", "Le tue ossa nell'altitudine", "Corteccia (nell'upnea)", "L'ora è buia") o si divertono e divertono con cover abbastanza valide di Cream ("Sunshine Of Your Love"), 13th Floor Elevators ("Reverberation"), Melvins ("Creepy Smell"), Neil Young ("Harvest") ed Elvis ("His Latest Flame"). Purtroppo non c'è la mia preferita, "Across The Universe", ma fa niente: per quella aspettiamo un'altra raccolta paracula.
Una bella discografia che potrebbe affascinare anche chi ha sempre snobbato quella principale.
Infine, una bonus track:
Yep, questo cretino coi baffi (era un esperimento: ho deciso di tagliarli dopo aver visto la foto) sono io con la Roberta prima della sua esibizione al Sziget Festival di Budapest

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lunedì 19 dicembre 2011

Bifrost Arts - "Salvation is Created"

A Christmas Gift for You from Great Comfort Records

2009

Poteva mancare un disco di Natale su SfigatIndie dopo il nostro gaio mixtape?
No. Ma di certo non vengo a proporvi "banalità" come quello di Sufjan Stevens, quello dei Beach Boys o quello del Vince Guaraldi Trio (tutte opere da riscoprire obbligatoriamente, chiaro).
E nemmeno la sopracitata magnifica imprescindibile spettacolare opera spectoriana. Tuttavia, il qui presente disco spartisce con quest'ultima diversi elementi. Innazitutto, è un'opera collettiva: la Bifrost Arts è un'organizzazione culturale ecumenica che riunisce diversi artisti folk americani (perlopiù poco conosciuti a parte Damien Jurado, David Bazan e la nostra cara Diane Birch). In secondo luogo è un'opera estremamente coesa: le sue nove canzoni seguono uno stile votato alla magnificenza degli arrangiamenti, al clamore percussivo e allo stesso tempo alla delicatezza delle melodie, secondo i dettami dell'indie-folk degli ultimi 10 anni. Ma anche osando un po': come in "Joy Joy!" dove spirali di ottoni si accavallano ricordando il Philip Glass di Koyaanisqatsi o come nella title track in cui la voce di Aimee Wilson si fa dapprima struggente e poi esplode in un glorioso "hallelujah!". In terzo luogo è un capolavoro del genere: una bellezza ammutolente che affascina e intimorisce con le sue rivisitazioni solenni e quasi tristi di canti tradizionali religiosi (niente canzoncine da pubblicità del panettone qui). Se infatti Phil Spector voleva celebrare con un disco luminoso e fragoroso un'epoca che si preannunciava piena di colori, di gioia e di ricchezza (nonostante uscì lo stesso giorno dell'assassinio di JFK) quello della Bifrost Arts è un disco di Natale serio, spirituale, che vuole riportare questa festività alla sua vera essenza. Al mistero della nascità di Gesù e alla Gloria e alla Redenzione che esso ha portato. Poco importa se non siete credenti: in questi solchi digitali è inciso un messaggio di pace e infinita bellezza che riguarda tutti, indipendentemente da ogni tipo di confessione o non-confessione.
Per ritrovare l'umiltà, lo stupore e il silenzio in occasione della festa più sacra.

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P.S.: si ringrazia Ondarock per il suggerimento

sabato 17 dicembre 2011

Liturgy - "Aesthethica"

Turbo-psichedelia col bucio del culo sgarato dai Mefisto Manna

2011

Ma cossss'èèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèè?!?!?!?
Cos'è quest'album e perché lo scopro solo ora? Cos'è sto delirio ultrasonico überveloce perfettamente studiato? Che d'è 'sta copertina Slayerica? Cos'è quest'orgia fra My Bloody Valentine, Battles, Cynic, Animal Collective, Fang Island, Lightning Bolt, Strapping Young Lad, Orthrelm, Dillinger Escape Plan, Electric Wizard, Boredoms e Tuamadre rigorosamente non protetta? Cos'è questo vortice di chitarre così serrato da farle sembrare cornamuse? E cos'è questa percussione che martella come se il mondo dovesse finire col finire del disco? Cos'è un vortice serrato? E questa successione di brani che sembrano tutti uguali eppure variano un po' nella velocità, nella lunghezza, nell'intensità, nell'acappellagine ma, in fondo, lo sono veramente: tutti uguali dico? Cos'è questo grido spaventoso che pare quello di un'aragosta rinchiusa in una pentola d'acqua bollente che pretende di essere definito "canto"?
Cos'è quest'opera originalissima, disturbante e persino demenziale dei newyorkesi Liturgy?
CHECCCCCAZZZZZZZOOOOOOÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈ!?!?!?!
Ve lo dico io cos'è, velo.
È un disco di assurdadelico freak-metal che mi farò regalare a Natale e che terrò sempre stretto stretto nel mio cuore...e nelle mie chiappe.


P.S.: questo fan-made video mi è sembrato così inspiegabile che non potevo non pubblicarlo. Tenete il volume al massimo.
P.P.S.: qui trovate una recensione molto più seria ed equilibrata

venerdì 16 dicembre 2011

Los Planetas - "Una semana en el motor de un autobús"

Un epico indie-rock andaluso

1998

Sin miedo, niente paura, questo blog non ha cambiato nome in "EmpollónIndie: Canciones para bailar solo que nadie va a cantar de memoria". È solo che il suo tenutario sta passando una momentanea e non troppo preoccupante infatuazione per la scena alternativa iberica.
Ebbene, "Una semana en el motor de un autobús" non è solo un album con un titolo bizzarro e con una copertina simile a quella di "Laze Biose" dei nostri Uochi Toki, ma anche uno dei migliori dischi di rock alternativo non anglofono degli anni '90. Non per voler essere anti-campanilista, ma certo è che rispetto ai "capolavori" nostrani di quello stesso periodo, questo disco dei Los Planetas da Granada è obiettivamente molto più spontaneo e meno pretenzioso. Trattasi di una miscela variegata ma allo stesso tempo coesa di diversi generi in voga all'epoca. Un po' di densità shoegaze (specie nella bellissima prima traccia, riportata sotto), un po' di melensaggini pop-rock ("La Playa"), un po' di gommosità noise-pop, un po' di fraseggi emo ("Parte de lo que me debes"), un po' di eleganze classicheggianti ("Linea 1") e anche un po' di post-rock easy-listening nelle ultime, lunghe, tracce. Giusto la voce, abbastanza piatta e flemmatica per tutto il disco, può risultare indigesta e a volte si sente la mancanza di un po' di potenza, ma è forse proprio quella a far da collante a tutta questa varietà.
In generale bastano un paio di ascolti per farci l'abitudine e per capire ci troviamo di fronte a un disco il cui songwriting sensibile, malinconico, romantico e arioso con tante esplosioni chitarristiche non lo fa scadere nel mero derivativismo. Probabilmente se non ci fosse la componente esotica del cantato in castigliano non risulterebbe altrettanto eccitante. Per fortuna c'è: ergo si gode.
"Es imposible que hayas olvidado
lo que los dos podíamos hacer"

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lunedì 12 dicembre 2011

Family - "Un soplo en el corazón"

¡Me gusta el pop sintético!

1993

Ce lo scordiamo troppo spesso ma esiste una cosa chiamata Spagna anche nel mondo della musica la quale - e questo vi sembrerà quasi incredibile - ha prodotto anche altre cose oltre al flamenco e agli Ska-P. Ebbene, oggi scopriamo un disco di synth-pop proveniente dalla penisola iberica: dai paesi baschi, per la precisione.
Javier Aramburu (voci, chitarre e programmazione) e Iñaki Gametxogoikoetxea (basso, programmazione e ¿comecazzosileggequelcognome?) sono i Family e il loro unico album "Un soplo en el corazón" è considerato uno dei più influenti della musica spagnola. E non a torto: si controllino le voci El Guincho e Delorean (anch'essi baschi, fra l'altro).
A dire il vero questo disco al primo ascolto mi ha fatto ridere non poco con quel cantato suadente che non cambia mai registro sotterrato sotto dei tastieroni MIDI più anni '90 degli anni '90, più anni '90 degli Sgorbions, più anni '90 del Crystal Ball, dei Biker Mice, del Winner Taco, del TMC2, della Palla Pazza Che Straparlazza, ecc., ecc.
Poi mi son reso conto che quel suono così plasticone di drum-machine e sintetizzatori è invecchiato così male da essere ancora attuale: pensate a fenomeni come la chillwave e la chiptune che si sostentano col modernariato. Non solo: l'amalgama fra chitarre ed elettronica precede di diversi anni quello dei Notwist (anche se pare improbabile che dei tedeschi siano stati influenzati da un disco ultramediterraneo).
Superato l'iniziale smarrimento "Un soplo en el corazón" è un disco molto caldo e malinconico con testi poetici e romantici, al limite dell'ingenuo. Un soffio al cuore.
La semplicità di titoli come "Carlos baila" (Carlo balla), "El bello verano" (La bella estate), "Yo te perdí una tarde de Abril" (Ti persi una sera d'aprile) e "Dame estrellas o limones" (Dammi stelle o limoni) fa quasi arrossire e ricorda la castità della nostra musica pop anni '60. Gli spagnoli, invece, negli anni '60 avevano ancora la dittatura dunque hanno recuperato 30 anni più tardi con un disco muy bonito y nocturno.
¡Escuchatelo!

giovedì 8 dicembre 2011

Mixtape di Natale 2011

Canzoni di Natale da ballare da soli sotto l'albero che nessuno canterà a memoria davanti al presepio

2011

Il Natale, si sa, è fra tutte la più mainstream delle festività. La festeggiano tutti: gli egiziani, gli indiani, i sudafricani, gli americani, i brasiliani e pure  i giapponesi che non c'entrano una sega co' Gesùcristo. Perciò, sebbene questo blog tenti di allontanarsi dal folklore di massa spesso e volentieri, con una festività così accomunante, luminosa e gioiosa non si può certo far finta di niente. Per questo SfigatIndie vi regala un mixtape di carole alternative da ascoltare in streaming mentre addobbate l'albero o incartate il maglioncino di American Apparel per nonna Ortensia
Sghiacciate play!

1 - Fleet Foxes "White Winter Hymnal"
2 - The Beatles "Christmas Time (Is Here Again)"
3 - The Magnetic Fields "Everything Is One Big Christmas Tree"
4 - Antonello Venditti "A Cristo"
5 - Sufjan Stevens "Joy To The World"
6 - I Cani "Il pranzo di Santo Stefano"
7 - Moraes Moreira dei Novos Baianos "Boas Festas/Brasil Pandeiro"
8 - I Camillas "Pop Natale"
9 - Elio e le Storie Tese "Christmas With The Yours"
10 - Fear "Fuck Christmas"
11 - The Sonics "Don't Believe In Christmas"
12 - blink-182 "Happy Holydays, You Bastard"
13 - Thieves "Lights On All The Houses"
14 - Sparks "Thank God It's Not Christmas"
15 - Kate Nash "Early Christmas Present"
16 - Morgan "Canzone per Natale"
17 - Pink Martini "Little Drummer Boy"
18 - Vinicio Capossela "Christmas Song"
19 - The Zen Circus "Canzone di Natale"
20 - Bobby Helms "Jingle Bell Rock"
21 - Josh T. Pearson "O Holy Night"


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