Un epico indie-rock andaluso
1998
Sin miedo, niente paura, questo blog non ha cambiato nome in "EmpollónIndie: Canciones para bailar solo que nadie va a cantar de memoria". È solo che il suo tenutario sta passando una momentanea e non troppo preoccupante infatuazione per la scena alternativa iberica.
Ebbene, "Una semana en el motor de un autobús" non è solo un album con un titolo bizzarro e con una copertina simile a quella di "Laze Biose" dei nostri Uochi Toki, ma anche uno dei migliori dischi di rock alternativo non anglofono degli anni '90. Non per voler essere anti-campanilista, ma certo è che rispetto ai "capolavori" nostrani di quello stesso periodo, questo disco dei Los Planetas da Granada è obiettivamente molto più spontaneo e meno pretenzioso. Trattasi di una miscela variegata ma allo stesso tempo coesa di diversi generi in voga all'epoca. Un po' di densità shoegaze (specie nella bellissima prima traccia, riportata sotto), un po' di melensaggini pop-rock ("La Playa"), un po' di gommosità noise-pop, un po' di fraseggi emo ("Parte de lo que me debes"), un po' di eleganze classicheggianti ("Linea 1") e anche un po' di post-rock easy-listening nelle ultime, lunghe, tracce. Giusto la voce, abbastanza piatta e flemmatica per tutto il disco, può risultare indigesta e a volte si sente la mancanza di un po' di potenza, ma è forse proprio quella a far da collante a tutta questa varietà.
In generale bastano un paio di ascolti per farci l'abitudine e per capire ci troviamo di fronte a un disco il cui songwriting sensibile, malinconico, romantico e arioso con tante esplosioni chitarristiche non lo fa scadere nel mero derivativismo. Probabilmente se non ci fosse la componente esotica del cantato in castigliano non risulterebbe altrettanto eccitante. Per fortuna c'è: ergo si gode.
"Es imposible que hayas olvidado
lo que los dos podíamos hacer"
Compralo subito o downloadalo prima
Ebbene, "Una semana en el motor de un autobús" non è solo un album con un titolo bizzarro e con una copertina simile a quella di "Laze Biose" dei nostri Uochi Toki, ma anche uno dei migliori dischi di rock alternativo non anglofono degli anni '90. Non per voler essere anti-campanilista, ma certo è che rispetto ai "capolavori" nostrani di quello stesso periodo, questo disco dei Los Planetas da Granada è obiettivamente molto più spontaneo e meno pretenzioso. Trattasi di una miscela variegata ma allo stesso tempo coesa di diversi generi in voga all'epoca. Un po' di densità shoegaze (specie nella bellissima prima traccia, riportata sotto), un po' di melensaggini pop-rock ("La Playa"), un po' di gommosità noise-pop, un po' di fraseggi emo ("Parte de lo que me debes"), un po' di eleganze classicheggianti ("Linea 1") e anche un po' di post-rock easy-listening nelle ultime, lunghe, tracce. Giusto la voce, abbastanza piatta e flemmatica per tutto il disco, può risultare indigesta e a volte si sente la mancanza di un po' di potenza, ma è forse proprio quella a far da collante a tutta questa varietà.
In generale bastano un paio di ascolti per farci l'abitudine e per capire ci troviamo di fronte a un disco il cui songwriting sensibile, malinconico, romantico e arioso con tante esplosioni chitarristiche non lo fa scadere nel mero derivativismo. Probabilmente se non ci fosse la componente esotica del cantato in castigliano non risulterebbe altrettanto eccitante. Per fortuna c'è: ergo si gode.
"Es imposible que hayas olvidado
lo que los dos podíamos hacer"
Compralo subito o downloadalo prima
olololololololololol :'D
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