Ermetiche poesie piroettanti
1968
L'idea dei dischi da portare su un'isola deserta mi ha sempre lasciato un po' perplesso perché, andiamo, quanto è credibile un naufrago che ritrovatosi sull'isola di Lost possa tranquillamente ascoltare i suoi dischi su un impianto stereo perfettamente funzionante (probabilmente grazie a delle celle per l'energia solare) acchittato dal Venerdì di turno?
Ciononostante se esistesse una roba del genere questo album lo porterei sicuro, garantito al limone, al lime e alla papaya, tanto per rimanere in contesti esotici.
Oscurato un po' dalla fama contemporanea del cognomonimo (parola credo inesistente) collega americano James Douglas "Jim" Morrison, l'irlandese George Ivan "Van" Morrison non poteva certo vantare un carisma fricchettone e quindi nemmeno nessuna frase allucinata e "illuminante" scarabbocchiata su chilometri quadrati di pagine di Smemoranda negli anni a venire. Van Morrison era un un poeta vero: ermetico e introverso. Non un fattone con una bella voce che ha avuto il culo di incontrare una gran band. Pure Van "The Man", poi, in quanto a voce mica scherzava.
Quando si ritrovò a registrare questo capolavoro con una vera band jazz, il sogno della sua vita, non diede indicazioni specifiche né sulle partiture da suonare né sul significato dei suoi testi. Ed ecco che, come una magia, quegli arrangiamenti folk-jazz quasi improvvisati e i quei testi tanto ariosi quanto misteriosi sono ciò che più delizioso e brillante e affascinante le orecchie possano ascoltare ancora oggi, a 44 anni dalla loro creazione. Dall'acrobatico cantato "scat" singhiozzante al più incredibile basso acustico che avrete mai modo di sentire, passando per la generosa selezione di strumenti allieta-timpani (vibrafoni, sassofoni, flauti e clavicembali), tutto concorre alla creazione di un'atmosfera in bilico fra malinconia e gioia incredibilmente "ballabile", preferibilmente sull'erba, a piedi nudi.
Infine, tutto risponde alla logica del "se una cosa è bella, tanto vale che duri a lungo" con 4 brani su 8 che superano i 6 minuti.
Non vedo l'ora di sfonnarmi con l'aroplano, custodia porta-vinili in acciaio super-resistente alla mano, in mezzo all'oceano pacifico.
P.S.: però, che cazzo: nel '68 pur non avendo photoshop i grafici riuscivano a far copertine più belle di quelle di oggi.
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