Nascita di uno Stato Sociale
2009
Alla fine dello scorso decennio grandi sconvolgimenti erano in atto nella musica italiana. Nelle strade, negli occhi dell'uomo comune, ancora non si percepiva alcunché ma un mondo sotterraneo stava per rilevarsi presto: sotto forma di baffi folti, scarpe scamosciate e magliette larghissime. La metrosessualità hipster incombeva eppur pochi sapevano all'epoca cosa fosse, per dire, la dubstep e di quei pochi nessuno avrebbe immaginato che nel giro di un paio anni sarebbe diventata famosa come una cosa del tutto diversa. Se il 2008 già diede prova di uno sviluppo embrionale (Vasco Brondi fu la dimostrazione sostanziale ma non ancora formale), il 2009 fu il vero anno zero dell'indie italiano: l'anno in cui la scena alternativa uscì allo scoperto. Da una parte, con un neo-cantautorato desideroso di cantare l'Italia del nuovo millennio con grazia (Dente, Brunori SAS) o con irruenza (The Zen Circus, Il Pan del Diavolo); da un'altra con una ritrovata brama d'internazionalità (Crookers, Bloody Beetroots, Zu) e da un'altra parte ancora con un nuovo gusto per generi che nel nostro paese non avevamo mai ascoltato troppo (l'avant-rap dei Uochi Toki o l'emo di Distanti e Fine Before You Came).
Ok, che palle queste divagazioni pseudo-storiografiche inutili: era per dire che in mezzo a tutta questa gente noiosa (si scherza... ma manco troppo) nel 2009 si formò pure, come trio (prima di diventare il quintetto che oggi tutti - grandi e piccini - conosciamo), Lo Stato Sociale.
Personalmente, quando li conobbi io (nel 2010, grazie a questa bella recensione della webzine Ondarock per la quale scrive anche Bebo: buuuu riccomandati!) mi piacquero per un motivo assai stupido. Ovvero, sul loro myspace - sì, myspace, ve lo ricordate? Vi ricordate com'era ancora prima del restyling che lo rese, incredibilmente, ancora più brutto? - davano via gratis il loro primo ep e, considerando che il free download di "In Rainbows" era precedente di soli 3 anni e che Bandcamp praticamente non esisteva ancora, per la scena italiana tutta questa gratuità intelligente (perché volta alla promozione) era una roba piuttosto nuova (kudos anche per i FBYC, chiaro). Ciò non toglie che quell'ep fosse una discreta ficatella e assieme a quello si poteva scaricare anche questo "LIVE@MM", sorta di demo registrata in presa diretta con tanto di minipubblico presso lo studio Magazzini Musicali di Bologna con l'aiuto di Nicola Manzan (qui potete vedere un video, registrato con un patata ed editato con un cavolfiore, dell'avvenimento). Esso contiene 4 dei 6 brani di "Welfare Pop", 2 dei 4 di "Amore ai tempi dell'Ikea" e un altro pezzo mai edito altrove, "Giro di vite", tripudio di lancinanti mazzate elettroniche, ritornello urlato "FIDATI DI NOI, STATO SOCIALEE!" e pippone di congedo Tapparella style di Alberto. Di questi 7 pezzi da 90 solo 2 sono arrivati al debutto su album lungo del 2012: i più famosi e apprezzati "Pop" e "Amore ai tempi dell'Ikea" che magari avevate apprezzato perché avevate pensato "Oibò, assomigliano a...". E invece manco pe' niente! Non assomigliano a nulla di ciò che è sbucato fuori negli ultimi 3 anni per ovvi motivi cronologici, tiè.
Per il resto, la musiche di questo disco non sono soltanto versioni più grezze e lo-fi (un bel po' lo-fi) di canzoni che già conoscete ma differiscono leggermente anche negli arrangiamenti e riescono a riportare quella sguaiatezza che tanto li caratterizza dal vivo con un po' di quel cabarettismo ("Buonasera, buonasera a tutti. Siete il miglior pubblico che abbiamo mai avuto") che costruirà il loro impero nei successivi 150 (scentoscincuanta) concerti che terranno nel giro di due anni. Fra tutti i pezzi spiccano "L'apatico", in una versione più scampallenata, più elettronica, più limpida e persino migliore di quella ufficiale e la mia preferita "L'escapista", ancora non ornata dagli archi e per questo sbilanciata più verso l'ansia che la melanconia.
Tutte queste canzoni difficilmente le sentirete dal vivo dato che oggi la band bolognese ha raffinato la sua formula vincente con parole e musiche ben più elaborate e non vuole, per fortuna, tornare sui suoi passi ma "LIVE@MM" rimane un importante quanto divertente, oltre che difficilmente reperibile, documento a testimonianza della strada fatta da questa ragazzi in così poco tempo che sembra un'eternità per come son cambiate le cose nella musica italiana da allora. In meglio, anche grazie a loro.
Inoltre "LIVE@MM" è un modo sufficientemente sfigoato per dirvi che SfigatIndie compie un anno: UEPPÀÀÀ!!!
P.S.: La copertina non è quella ufficiale: è una roba che ho ritagliato io da questa immagine che se non sbaglio era contenuta nella cartella dell'album. Credo che neanche ci sia una copertina ufficiale.
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