venerdì 27 gennaio 2012

Nurses - "Dracula"

Hypnagogic funk

2011

Ve la ricordate la chillwave (anche detta pop ipnagogico)? Ve lo ricordate Washed Out?
No? Eppure solo pochi mesi fa sembrava non esistesse altro, pareva che fosse la cosa più fica di sempre.
Eppure è difficile biasimarvi: d'altro canto questo non-genere proprio dalle sue premesse di riprocessamento rallentante, psichedelicante e lo-fieggiante di musica di modernariato (il pop anni '80) non era mica fatto per durare. Una moda noiosa, insomma: e pure il disco di Washed Out noioso lo era non poco, ammettiamolo. Ok, non abbastanza noioso da non arrivare a finirlo ma abbastanza da ascoltarlo tutto, esclamare "Bellissimo!" e poi dimenticarlo per sempre.
A mio avviso l'unico album che ancora rimane un po' eccitante è l'esordio di Neon Indian, Psychic Chasms, sorta di manifesto del genere.
E ora ci si mettono pure questi (queste?) Nurses da Portland a riattizzare il fuoco. Vabè, calma, diciamo che anche questi avrebbero tutte le carte in regola per fare un disco ignorabile, flatulente, usa-e-getta: cosa che in effetti questo "Dracula" è. Non ha nulla di più originale di altri dischi simili a parte una voce falsettosa che ricorda alcune cose dei Tv on the Radio e qualche ritmo vagamente ballabile (da ballare con flemma, ovvio) fra il funky e il balearico
Però, però, però ha un jenesaisquoi (génesècquà), un nonsocché di sfizioso che invoglia ad ascoltarlo più volte. 
Sarà mica... no... non può essere... no... sarà mica... sarà mica per il fatto..il fatto che il songwriting è in generale molto buono? La scrittura, già. Le canzoni, già. Nel tripudio della novità ci eravamo fatti imbambolare dal luccichio di quei suoni nuovi (nonostante fossero vecchi) e ci eravamo scordati di come si fanno le canzoni belle. Qui, infatti, tutti i pezzi in generale sono divertenti e hanno piacevoli ritornelli che un po' dispiace siano sempre sotterrati da questo sound imbambolato e mellifluo. Ma certo che riprendere la depressione della batteria di "Atrocity Exhibition" e farci un pezzo di new-wave sotto LSD, mica è da tutti (vedi il video).
Insomma se questo è un disco usa-e-getta comunque felicitatevi, sostenitori della musica "sostenibile", che con molta probabilità è un vuoto a rendere.


mercoledì 25 gennaio 2012

BLKHRTS - "BLK S BTFL"

HP-HP HRDCR

2011

Vocali merda! Anzi: vcl mrd! Questa è la tendenza dei nomi delle band del circuito indie negli ultimi anni: dai MGMT (che sta per "management") ai SBTRKT (che sta per "subtract") passando per i CHLLNGR, senza scordare gli storici XTC ("ecstasy" chevvelodicoaffà).
Ma nessuno batte i BLKHRTS da Denver che mantengono il loro integralismo consonantico anche nei titoli dei loro brani. Con la sola eccezione di una "o" in "THY WNT GO".
Ma si può perdonarli perché la musica che portano questi cuori neri è cattiva senza compromessi: hip-hop hardcore tonante, originale e bicromatico. Da una parte infatti c'è il nero delle basi ritmiche pesanti, delle 3 diverse voci grasse e grezze, il soul dei ritornelli melodici che comunque menano duro (come nella title track) e delle tematiche oscure delle rime. Dall'altro c'è il bianco delle citazioni: David Lynch, Radiohead, Smiths, Pixies ma soprattutto Joy Division con un inaspettato sample di quando ancora si chiamavano Warsaw che dona un'aura punk d'irruenza senza filtri a tutto il mixtape. Ulteriore sintomo che internet sta ampliando le conoscenze rompendo sempre più barriere culturali e permettendo commistioni che prima sembravano impossibili.
"Nigga I'm Johhny Marr
with darker body parts"
A riprova che la musica black sta subendo una massiccia di operazione di svecchiamento e di abbandono dei vecchi clichés - come The Weeknd ha fatto con l'R&B - i BLKHRTS portano una pesante (nel senso di "heavy") ventata di freschezza nella scena rap statunitense. E proprio come The Weeknd lo fanno  con un bel disco in free download.
SCRCTL SBT!


P.S.: l'animale bruttino nella foto d'anteprima del video è un aye-aye del Madagascar

lunedì 23 gennaio 2012

Fine Before You Came - "Ormai"

Mestizia-core

2012

Quello scarabocchio in copertina: incertezza. Indeterminatezza, assenza di risposte, confusione, mistero...
“Ormai”, parola che più di tutte è il suono della rassegnazione, è il seguito di “Sfortuna” (2009). Ormai, infatti, avrete capito che con questi l'allegria non è di casa.
Devo dire che non mi sono mancati i Fine Before You Came con il loro emo da paese reale, la loro desolazione senza catarsi, la loro intima adolescenza da trentenne disperato che vive ancora con la mamma.
Mi piacevano, tanto, poi ho smesso. Anche loro si sono dovuti svagare un po' con la loro (fantastica) versione presa a bene, Verme. Un disco del genere poteva uscire solo d'inverno. Manco a dirlo calza a pennello con la crisi – lacrime e sangue.
ti porto al cinema stasera ma paghi tu che io non ho un lavoro
E ancora titoli enigmatici, e ancora ritornelli grattagola, e ancora lacrime a niagara e una nuova canzone da pubblicare sul social network quando viene settembre. E mo' anche basta però.
Onestamente “Ormai” è un disco brutto che suona da dio. Un disco deprimente come un bambino coi ginocchi sbucciati che piange solitario sotto la pioggia e grida “mamma, dove sei?”. Un disco mortifero, una musica di merda che è la cosa più bella del mondo quando si è tristi. Con quel mondo di spingerci con veemenza, con fare paterno, ancora di più verso il fondo. Brutto, davvero.
Lo odio.
Ma siccome che mi ricordo ancora, siccome che non dimentico mica com'è sentirsi in un certo modo, com'è sentirsi soli in compagnia dei fantasmi che ti escono dalla bocca nel freddo di gennaio.
dimmi qualcosa che mi scaldi
Siccome tutto ciò, lo condivido per chi ne avrà bisogno.
Piangete, merdine. Fino a farvi venire il mal di pancia.


sabato 21 gennaio 2012

Antonín Dvořák - "Sinfonia n.9 'Dal nuovo mondo'"

I Classiconi di SfigatIndie #1

1893
(registrazione del 1959)

Questa nuova rubrica nasce da una riflessione dovuta a una constatazione: siamo pieni di musica, la musica è dappertutto, non possiamo fuggire dalla musica, avanguardisticamente parlando la musica ci esce anche dal culo.
Adesso, lungi da me il voler condannare questa situazione o voler scrivere un ipotetico e complesso "elogio del silenzio", la grandissima parte della musica che sentiamo e di cui parliamo su internet è cronologicamente inquadrabile negli ultimi decenni. Di rado si va più indietro degli anni '60 del '900 - anche per quanto riguarda la musica popolare. Insomma, nel 2012 abbiamo scelto di prescindere dalla nostra tradizione occidentale, da quella che fino a 70 anni fa non era "musica classica" ma semplicemente musica. D'altronde il rock è effettivamente più figlio del melting-pot che dell'incontaminazione, è più africano che europeo, più meridionale che settentrionale. Questo allontanamento è dunque comprensibile. Ma di certo non plaudibile. Il rock è stato rivoluzionario, ha sovvertito tutti i dettami accademici ed è stato il trionfo della sperimentazione diretta a scapito dello studio minuzioso, la vittoria dell'istintualità sulla ponderatezza. Ma così come la storia umana è minuscola in confronto a quella dell'universo, la storia degli ultimi 50 anni di musica popolare è lo stesso ridicolmente parziale rispetto ai 7 secoli di tradizione musicale manoscritta che la precedono. E non si può semplicemente far finta che essa non sia mai esistita: bisogna proteggerla e vigilare affinché fraintendimenti ibridanti e terrificanti che rispondono ai nomi di symphonic prog, symphonic metal e Queen non accadano mai più.
I Classiconi (lo so è un nome idiota ma l'altro che avevo in mente era "Sfigaten Grammophon") vuole allora essere un primo approccio, all'acqua di rose, alle nostre radici musicali: un'introduzione all'introduzione - senza troppe menate teoriche - attraverso opere conosciute ma neanche troppo con le relative registrazioni migliori di cui l'acquisto in cd è fortemente consigliato dato che per questa musica la resa acustica è importantissima (tipo che se andare a un concerto è come fare sesso allora ascoltare un cd è come farsi una sega. Pertanto, ascoltare un mp3 è come farsi una sega davanti alla propria nonna in una stanza gelida).
In fondo, cosa c'è oggi di meno mainstream della musica classica?
Stirate bene la vostra maglietta-smoking e improfumatevi che ci si becca in galleria (che mica ci abbiamo i soldi per la platea).

Come primo episodio vi propongo la nona sinfonia del compositore ceco Antonín Leopold Dvořák (1841-1904. Il cognome si pronuncia dvosgiak). Per chi non lo sapesse una sinfonia è una composizione orchestrale in quattro movimenti in cui il primo movimento è generalmente veloce, il secondo lento, il terzo (denominato scherzo) è spesso rapido e breve, mentre il quarto movimento finale è altisonante e veloce. Dvořák la scrisse negli Stati Uniti dove soggiorno fra il 1892 al 1895 quando fu nominato direttore del Conservatorio Nazionale di New York: "Dal nuovo mondo" appunto. Non a caso nel secondo movimento (Largo) si nota una certo mood malinconico, una nostalgia di casa; mentre in altre parti il compositore pare si sia ispirato alla musica dei nativi americani. In generale, qui è la moderazione e l'equilibrio a farla da padrone: questa sinfonia alterna momenti potenti a momenti più delicati senza mai sfociare nella magniloquenza o nel patetismo fini a se stessi, sviluppando temi (così si chiamano i motivi ricorrenti) dal piglio melodico accattivante e memorabile. L'influenza di quest'opera fu infatti notevole, specialmente nella cultura anglofila, tanto che la prima volta che l'ascoltai sussultai in un "Li mortacci, questa è la musica del Signore degli Anelli!".
La scelta di questa sinfonia come prima puntata è dovuta al fatto che questo fu il primo vinile di musica classica che comprai a scatola chiusa: era una registrazione diretta dal nostro grande maestro Arturo Toscanini con l'orchestra della NBC datata 1952 e stranamente etichettata per errore come "Sinfonia n.5". L'edizione che però vi propongo è quella dell'ungherese Ferenc Fricsay che è meno sbrigativa di quella di Toscanini e assai dettagliata (ovvero l'equalizzazione è perfetta: gli strumenti si sentono tutti e il suono non è "impastato"). Con delle buone cuffie - ma sarebbe meglio un buon impianto - è una pacata goduria.

Compralo subito o downloadalo prima

P.S.: questo cd contiene anche un'opera di Liszt e una di Smetana

lunedì 16 gennaio 2012

Disfear - "Live the Storm"

Non dite che questo disco è tutto uguale sennò smette di suonare, esce dal lettore, e vi gonfia di botte

 2008

Questo disco è una rissa fra motociclisti ciccioni: con l'odore rancido del sudore birroso a contatto coi giubbotti di pelle. Questo disco è degli svedesi Disfear, il cui cantante è nientepopodimeno che Tomas Lindberg dello storico gruppo death metal At the Gates, ed è un disco di hardcore punk del sottogenere denominato d-beat: ovvero la batteria usa quasi sempre uno stesso particolare pattern derivato dalla musica dei Discharge e dei Motörhead. In pratica si farebbe prima a chiamarlo AceOfSpades-core. Potenza e velocità si fondono in questi 10 brani che non peccano certo di eccessiva varietà (d'altronde il ritmo è sempre lo stesso, granitico): riff grassi e consistenti suonati forsennatamente sopra a dei vocals rauchissimi e sputa-tonsille. Se questo disco fosse un'arma sarebbe un nunchaku con due badili attaccati.
Se volete distrarvi dal logorio della vita moderna con un po' di sana audioviuleeeeeenza questa è la musica per i vostri denti scheggiati.


mercoledì 11 gennaio 2012

Girl Talk - "Night Ripper"

Un disco per chi nella vita vuole ascoltare di tutto ma ha solo 42 minuti ancora da vivere

2006

Immaginate un disco in cui potete sentire in una sola volta i Nirvana, i Pixies, I Verve, I Jefferson Airplane, gli Oasis, i Dinosaur Jr., Dr. Dre, gli Smashing Pumpinks, Lil Wayne, i Neutral Milk Hotel, Missy Elliot, i Van Halen, gli ABBA, 50 Cent, i Nine Inch Nails, i Sonic Youth, Elton John, Madonna, Nas, gli 'NSYNC, i Public Enemy, Eminem, Jay-Z, Phil Collins, i Genesis, gli Aerosmith, Beyoncé, M.I.A., Stewie Wonder, Britney Spears, i Fleetwood Mac, i Boredoms, Hall & Oates, Gwen Stefani, Fatboy Slim, Timbaland, i Black Eyed Peas, Kanye West, i Weezer e tanti tanti tanti altri.
Vi sembra una stupida e chimerica menata da critico? Sbagliato! Questo disco esiste veramente e l'ha fatto Girl Talk, anche noto come Gregg Gillis, con la tecnica del mash-up.
Ma cos'è il mash-up?
È la spassosa fusione di due o più brani (fatevi un giro su youtube), meglio se assai differenti fra loro.
E nessuno lo fa meglio di Girl Talk: nei 42 minuti di "Night Ripper" sono incollati i bassi, le melodie di piano, le chitarre e le batterie di circa 200 diversi samples grazie a un intenso lavorio al computer. In pratica Gillis non suona fisicamente una sola nota. Ma non pensate che sia un lavoro facile: per fare una cosa del genere bisogna aver ascoltato una quantita mostruosa di musica e bisogna avere un orecchio e un buon gusto non comuni. Basta ascoltarlo per rendersi conto che si tratta di un vero miracolo: il disco suona divinamente, tutte le parti si fondo perfettamente come se fossero state concepite così. In realtà, poi, non c'è un vero filo conduttore tematico fra i vari suoni e i vocals sono quasi tutti rap (che ovviamente è più semplice mischiare con sottofondi di qualsiasi tipo) ma il risultato è comunque superdivertente e galvanizzante quando capita di riconoscere qualche traccia già nota (perfetto per i maniaci audiofili come noi). Ovviamente il povero Gillis ha rischiato un sacco di volte di finire in galera per la violazione del copyright (molto bello questo documentario a riguardo) ma da quando riempie i tendoni al Coachella nessuno gli rompe più le palle, più o meno.
Sostenetelo nella sua lotta per la libera condivisione della conoscenza con un party: questo crossover estremo farà ballare tutti.


P.S.: il disco è suddiviso in varie tracce solo per un fatto di comodità: in realtà si ascolta tutto di fila. Questo divertente video pieno di vecchie immagini GIF vi fa sentire i primi 10 minuti.

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