mercoledì 31 ottobre 2012

Christian Death - "Only Theatre of Pain"

Dark-wave? Death-wave? Decapitiamo un agnellino e battezziamoci nel suo sangue-wave!

1982

Quali sono gli album che più vi fanno cacare sotto per la strizza? Quali sono gli album che definireste horror? Il metal ha spesso cercando di inseguire questa strada sin dai suoi inizi: ad esempio, con il primo disco dei Black Sabbath grazie anche a una copertina non poco disturbante.
Eppure, secondo me, in quei casi troppo spesso si è cercato l'eccesso e l'oscenità a tutti i costi in un modo che sfiorava la barzelletta (mi vengono in mente i disgustosi ma risibilmente divertenti Cannibal Corpse).
Dove cercare dunque se non dalle parti della dark-wave: filone macabro della new-wave iniziato da gruppi come Cure, Bauhaus e Siouxsie & The Banshees.
Tutti gruppi inglesi questi, tutta gente con un certo senso dell'umorismo se non altro: ma che succede invece se una cosa del genere la si mette in mano a qualcuno che si prende molto più sul serio, tipo gli americani?
"Only Teathre Of Pain" dei Christian Death è il disco che più mi fa sentire a disagio e mi angoscia proprio per questa ragione. Le sue soluzioni orrorifiche - rintocchi di campane, testi blasfemi e versi recitati al contrario ("sevlesmeth pleh ohw esoht spelh dog") - sono costruite ad arte eppure emanano una raggelante "sincerità" che non si può ignorare. Il merito è tutto della voce deprimente, viscida e suicida di Rozz Williams, che lecca le orecchie e poi le morde, e nelle schitarrate ustionanti di Rikk Agnew che pugnalano con precisione e violenza le orecchie della vergine sacrificale di turno. A dare l'aspetto di un vero sabba danzante attorno al fuoco contribuisce il ritmo di un basso registrato a volumi spropositati, che sostanzia capolavorrori ballabili come "Romeo's Distress".
Per la nostra (in)sensibilità contemporanea un disco del genere potrebbe apparire, sulla carta, macchiettistico e artificioso (per questo bisogna ringraziare, non so se seriamente o ironicamente, le banalizzazioni di Marilyn Manson) eppure ascoltandolo è davvero difficile mettersi a ridere, specialmente tenendo a mente che Williams, dopo diversi progetti su questa falsariga, difficilmente stava scherzando quando venne trovato impiccato nel suo appartamento di West Hollywood il primo aprile del 1998,
Buon Halloween a tutti da SfigatIndie.
BU!


domenica 14 ottobre 2012

The Divine Comedy - "A Short Album About Love"

Non conta la lunghezza, conta come lo usi

1997

 Negli anni '90 uno spettro si aggirava per la Gran Bretagna: era lo spettro del brit-rock. Ovvero s'era deciso che era ok far diventare delle superstar gente ultracoatta che magari un giorno aveva bigiato il lavoro in acciaieria per andarsi a comprare una chitarra (naturalmente dato che si tratta di britannici, quindi da Shakespeare in poi mediamente più stilosi dell'europeo medio, anche i loro tamarri son migliori dei nostri).
Tuttavia, per fortuna, non era tutto così: c'era anche una parte più altolocata e ricercata del brit-rock. E qui a tutti verranno in mente i Pulp di Jarvis Cocker, il quale era sorta di dandy proto-hipster. Un fico, invero, ma forse in un modo troppo esibizionista da "Ehi, guardami, sono fichissimo. Adorami!" o "Metto delle puppe sulla copertina del disco, ma delle puppe chiccose". Ai limiti del poserismo post-newromantico, insomma.
Poi, a un livello superiore, c'è Neil Hannon: lui sì un vero galantuomo, brit ma in modo elitario (dall'Irlanda del Nord), elegante e sfacciato al punto giusto da immolarsi alla poesia scegliendosi come moniker direttamente la dantesca Comedìa (perché qualcuno doveva pur farlo) nonché talmente raffinato da pubblicare un concept album sul gioco del cricket.
"A Short Album About Love" è il suo quinto album ed è intitolato con grande onestà: sette canzoni d'amore per una durata di trenta minuti come si faceva nei dischi pop dei primi anni '60. Anni che in questo disco si ritrovano nello spirito, oltre che nella forma, grazie a un baroque pop soave ma dolorosamente agrodolce di scuola tipicamente bacharachiana. L'amore cantato da Hannon (a volte con inflessioni quasi tenorili) è sempre visto da una certa distanza, quasi incolmabile ma la brama per esso non può cessare poiché la calda idea del suo raggiungimento ci tiene vivi.
Ma, ovviamente, non immaginatevi di vedere uno come lui piangere in pubblico: al massimo se sarete voi a piangere, in un attimo vi porgerà il suo fazzoletto di seta ricamata prima che la prima lacrima possa toccare il suolo.


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