mercoledì 8 agosto 2012

The Vaccines - "Come of Age"

Il ritorno dell'albionica speed-malinconia

2012

Qualche amabile adoratore del blog SfigatIndie avrà forse notato la drammatica diminuzione della produzione postifera negli ultimi mesi. 
È tutto vero, non è un'illusione, e me ne dispiaccio: mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa, ma non del tutto.
È che, diciamolo chiaramente, con l'industria discografica ancora più in crisi del solito questo mezz'anno appena conclusosi è stato avarissimo di uscite sia in senso quantitativo che in senso qualitativo. Qualcuno magari mi dirà che le ottime uscite ci son state e che me le sono probabilmente perse, sarei contento se così fosse, ma un fatto indiscutibile è l'ormai aumentata distanza fra l'hype di un'opera in uscita e la sua effettiva bontà al momento dell'ascolto. Nel 2011 le cose erano assai più rosee: basti pensare ai grandi ritorni celebrati con gioia da tutta la critica di P.J. Harvey, Tom Waits, Bon Iver, Fleet Foxes, St. Vincent, ecc., ecc.
Quest'anno per me i ritorni di artisti che amo si son rivelati una delusione dopo l'altra: da un'inconsistente Santigold a degli irrilevanti Maxïmo Park, dai nuovi eterei e flatulenti Maccabees a dei Japandroids senza mordente, dai Mystery Jets reinventatisi country a dei pigri Futureheads passando per dei bizzarri e quasi heavy, ma non proprio emozionanti, Bloc Party. Cacchio, perfino i Fine Before You Came mi hanno lasciato indifferente. Non parliamo poi del Teatro degli Orrori
Fortuna che c'è Fiona Apple...
Ma tra tutta questa gente tornata sulle scene a stupirmi un po' ci pensano proprio quelli che sulla carta erano i più deboli, quelli da cui un secondo album inutile e fiacco me lo sarei proprio aspettato. Se sapete leggere avrete già capito che sto parlando dei Vaccines, band inglese spuntata dal nulla grazie a un vigoroso pompaggio mediatico di quelli belli come non se ne facevano più dai tempi degli Arctic Monkeys.
Ebbene sono tornati con un album sicuramente meno esplosivo ma riuscitissimo. Un album più verboso, intimista e mellifluo in pezzi come "Weirdo" o "Lonely World" ma che non scorda il veloce brio brit-indie in gassate hit come "Teenage Icon" o "Change of Heart, pt. 2". Il tutto sorretto dalla voce giusta, solida e piena, seria e decisa. Un album più complesso, insomma, di quelli che ti aspetteresti da una band che sta crescendo e sta mantenendo le promesse come fanno le persone mature di cui ti puoi fidare.
In finale, dunque, non è che non ci siano stati buoni dischi in questa prima metà del 2012 (prendiamo notevoli ficatelle come Lo Stato Sociale, i Passion Pit o Kindness) ma questo nuovo album dei Vaccines è il primo a cui voglio veramente bene... per quanto si può voler bene a una sequenza di 0 e di 1 scaricata da Filestube.
Sì, la mia ironia spezza-romanticismo fa schifo, lo so.


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