domenica 25 novembre 2012

Le Raccoltine di SfigatIndie - "Nuthin' but a 'P' Thang"

Corso accelerato di post-femminismo tamarro

2012

Le Raccoltine di SfigatIndie sono tornate e sono qui per restare!
Ossia, ancora una volta ho preso tre canzoni da youtube, le ho confezionate all'acqua di rose e ci ho messo questa copertina fatta con Gimp che se usavo vinavil e forbici dalla punta arrotondata mi veniva meglio: e ora potete scaricare il tutto gratuitamente ed illegalmente! YEEEEEEES!
Questa volta il tema dei brani è
Ragazze bianche un po' trucide che fanno brani di hip-hop cafone accompagnati da video imbarazzanti i cui testi però, al di sotto della loro spessa superficie coatta, nascondono riflessioni molto interessanti sull'affermazione della donna e della sua sessualità nell'odierna iperconnessa società post-postpatriarcale

 Prima di analizzare le singole tracce ci serve un po' di background: l'hip-hop è un fenomeno nato nelle comunità afroamericane principalmente fra i giovani di sesso maschile - e fin qui ci siamo tutti, immagino. Da qui con un evento abbastanza imprevisto - denominato Beastie Boys - ha compiuto prima una salto etnico e solo in seguito di genere sessuale (pur rimanendo nella comunità afroamericana). Fra le rapper nere più interessanti citiamo solo Lauryn Hill, Missy Elliot e Lil' Kim che dopo l'epoca delle faide della prima meta degli anni '90 vollero mettere una toppa all'eccessiva violenza gangsta che il rap maschile ispirava raccontando il ghetto attraverso altri occhi seppur con un linguaggio non troppo diverso, sempre fiero e spavaldo (che ritroviamo oggi con straficone intimorenti come Azealia Banks).
Il passaggio alle donne bianche è stato però lungo e complesso ed è risultato inizialmente più in una macchietta che altro, poiché è ovvio che non si poteva certo imitare la stessa condizione svantaggiata delle colleghe afroamericane (e la stessa cosa è accaduta per i rapper bianchi che si sono dovuti cercare altri argomenti, spesso piuttosto triviali). Di questo tipo troviamo gli esperimenti acerbi dell'inglese Lady Sovereign o le ben più frivole Uffie e Ke$ha (e qui - off topic - voglio però ricordare che la sua cover di "Don't Think Twice, It's Alright" di Bob Dylan è quantomeno sorprendente).
Di recente, invece, sono spuntate delle tizie che per quanto apparentemente adornate da un'estetica non poco trash, rappresentano un modo abbastanza originale di approcciare il femminismo tramite il linguaggio senza filtri del rap: diretto, sboccato e oltraggioso. Ed è, a mio avviso, piuttosto efficace.
Scopriamo dunque tre fra le mie rapper bianche preferite degli ultimi tempi.

Iggy Azalea - "PU$$Y"

Il 2012 è l'anno dello sdoganamento del cunnilingus. Partendo dal "I guess that cunt gettin' eaten" della sopracitata Azealia Banks, passando per il "my pussy tastes like Pepsi Cola" di Lana Del Rey, senza scordare l'inno allo slinguamento vaginale di Danny Brown in "I Will", si arriva a questa australiana che prende l'argomento di petto (di pube, ahem) anche nel titolo (che è poi quello che rappresenta la 'P' nel citazionismo di questa raccoltina). La biondina Iggy parla di quanto la sua fica sia profumata, succulenta (dice che sa di Skittles... mmmm) e bagnata (come il Titanic e il Rio delle Amazzoni).
Detta così potrebbe sembrare una stronzata eppure questa non è altro che una trasposizione doverosa delle pose machiste dei colleghi uomini che raramente hanno disdegnato parlare dei loro, supposti, megapeni.
Ovviamente una sottile misoginia si è insinuata nei commenti di youtube dove molti si sono indignati per la presenza di bambini nel video: mavafangù.



Brooke Candy - "Das Me"

Probabilmente la più trucida del trio, Brooke Candy è una spogliarellista italoamericana diventata famosetta grazie a un tumblr pieno di foto abbastanza nsfw che l'ha fatta finire nel video di "Genesis" della cantante goth-psichedelica canadese Grimes. In "Das Me" mostra un'estremizzazione in salsa rosa ultra-kitsch del solito immaginario hip-hop: macchinoni, bling-bling, champagne, droghe e, ovviamente, bambini asiatici tenuti al guinzaglio. Ma il vero punto nodale del brano è la liberalizzazione dell'epiteto slut (traducibile come "baldraccona smandrappata" o "tizia che la da a tutti senza posa") in versi come:
"It's time to take the back "Slut" is now a compliment
A sexy-ass female who running shit and confident
Lady who on top of it, a female with a sex drive
"

Candy rivendica il suo diritto di donna di fare sesso con quanti le pare senza esser per questo esser considerata più deprecabile di un uomo che pratica lo stesso tipo di libertinaggio. A tal proposito cita la famosa strofa di Lil Kim':
"Here's something I just can't understand
If the guy have three girls then he's the man
He can either give us some head, sex a roar
If the girl do the same, then she's a whore
"
  modificandola in
"It ain't your business who I'm fucking with
A dude could fuck 3 bitches and they'd say that he's the man
But I get it in with twins, she's a whore

That's what they saying"
Il riferimento è alle polemiche scaturite da alcune foto di lei seminuda in compagnia di due gemelli (i famigerati gemelli Sewel). È inopinabile dunque che, nonostante l'estetica super-appariscente, Brooke Candy rispolveri il dibattito su alcune questioni morali che rimangono ancora irrisolte persino nella nostra odierna società occidentale. Anche se perché se provi a opinare ti fa il cazzo a fette (sul serio: "Take a knife to your dick, I'm a cut your fucking loss". LOL, trovo questo tipo di minacce stranamente eccitanti. Lorena Bobbitt FTW).
"Next time they call you a slut
Brooke Candy tell you not to give a fuck
"



Kreayshawn - "Gucci Gucci"

Infine, tocchiamo un altro argomento diverso con Kreayshawn che nella sua "Gucci Gucci" se la prende col conformismo e con le mode nel ritornello che fa:
"Gucci Gucci, Louis Louis, Fendi Fendi, Prada
Basic bitches wear that shit so I don't even bother
"

Alla faccia del buon nome internazionale del made in Italy, la rapper di San Francisco propone di investire quei soldi in maniera più produttiva, sul proprio partner o sulla propria famiglia (probabilmente qui intesa come crew). O anche su un bel po' di canne. Il brano in sé suona abbastanza stupido e sborone, tuttavia come abbiamo visto dal punto di vista contenutistico è almeno un mezzo passo avanti nei confronti del solito banale rap a sfondo edonista e consumista (anche se un tempo, per quanto riguarda la cultura afro, lo sfoggio di ricchezza era più che altro un segnale di rivalsa sociale).
E ad ogni modo sul verso finale ritroviamo un certo orgoglio vaginale:
"I got the swag and it's pumping out my ovaries"
Fuck yeah!


Downloada subito l'evirante seconda Raccoltina di SfigatIndie
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