venerdì 11 ottobre 2013

Yung Lean - "Unknown Death 2002"

Lamborghini, Nintendo64 e bocchini dalla sosia di Zooey Deschanel

2013

Diverse volte ho scritto che l'hip-hop stava cambiando: per la precisione si stava sbiancando. Con internet molte barriere culturali sono cadute e abbiamo avuto fenomeni come i BLKHRTS (fncl l vcl!) o Frank Ocean. Quello che però non avevo intravisto era la dimensione sistemica del fenomeno. Non si tratta, infatti, di qualche semplice sample di classici rock o giù di lì ma di un aumento notevole della forza lavoro caucasica direttamente coinvolta nella scena in reparti che prima erano off-limits.
Prendiamo ad esempio il collettivo di videomaker de noantri Rome York Studio che ha fatto venire a Roma quell'armadio pieno di coattume che è Waka Flocka Flame. O produttori decisamente poco affini all'Africa come SKYWLKR (r-fncl l vcl!!) o Harry Fraud operanti rispettivamente per Danny Brown e Smoke DZA.
Yung Lean è un altro tassello in questa direzione: non tanto perché è un rapper bianco (Eminem anyone?) e neanche tanto perché quando questo album è uscito aveva solo 16 anni. Quanto perché l'hip-hop globalizzato è sempre più realtà: Yung Lean è un rapper bianco 17enne che viene da Stoccolma (non da Detroit, Atlanta o LA) e incide per la Mishka NYC, un'etichetta hip-hop indipendente americana che ha nel suo roster già piccoli fenomeni come il rapper queer Cakes Da Killa. Non solo due tracce sono prodotte da producer statunitensi (bianchi) in ascesa: Suicideyear e Friendzone.
Ma al di là di inutili discorsi sulle etnie quello che conta che è che ascoltare Yung Lean sia un'esperienza unica e spassosa. Il flow è lento e rilassato e le basi sono un crossover fra trap (lo stile di beat hip-hop costituito principalmente da veloci pestate di charleston), chopped&screwed (voci rallentate e melmose) e cloud rap (sottogenere in cui troviamo beat tra ambient e chillwave) che crea un effetto etereo, ideale da ascoltare in uno stato di alterazione mentale.
Ma soprattutto sono i testi (in inglese, che rivelano una varietà lessicale quasi migliore di certi trucidoni a stelle e strisce) per un del giovane svedese a mostrare la sua unicità: se da una parte mostra la sua passione per l'hip-hop utilizzando in modo bizzarro le sue narrazioni di ricchezza ostentata (sono abbastanza certo che Yung Lean non possieda le macchine sportive, i danari, le donne e le droghe di cui parla) dall'altra riempie questa retorica di elementi ascrivibili al suo universo di appartenenza, quella di un adolescente vagamente nerd (Pokémon, Star Wars, videogiochi e carte di Yu-Gi-Oh). Senza scordare la strana fissazione per la marca americana di tè freddo Arizona di cui ho comprato una bottiglia per capire quale fosse il segreto.

3,50€ di zucchero liquido. Ottimo per accompagnare spinelli pieni di semi e rametti.

Inoltre la sua crew si chiama "Sad Boys" e per tutto il disco preponderante è questo mood "emotional" in cui la tristezza è macchiettisticamente rappresentata come virtù. Quando perciò Lean dice "I'm a make you hurt" intende ferire la sua ragazza emotivamente, non fisicamente, in modo da farle raggiungere il suo stesso stato mentale e raggiungere una connessione profonda.
Non lasciatevelo sfuggire o vi si possa perdere sotto al letto polveroso la carta di Charizard sbrilluccicosa.

Streamalo su Spotify e downloadalo da Bandcamp

P.S.: leggi l'intervista su Vice

domenica 9 giugno 2013

Deafheaven - "Sunbather"

Lo chiamano "Blackgaze" ma per me è hardcore-de-Cristo

2013

Accadde un giorno del 33 che Gesù tirò le cuoia su una croce.
I becchini ne presero la carogna e la misero in una cantina, incuranti della presenza di botti di vino pregiato il quale, subendo gli afrori emanati dal morto, diventerà poi la miscela segreta del Tavernello.
Senonché il papà, l'egregio signor Iddio, appena venuto a sapere dell'accaduto tirò giù i suoi soliti bestemmioni infamanti la concorrenza - "Emmannaggiaggiove", "Quelputtanonemadidodivenere", "Mercuriomèrda", ecc. - per il fatto che il figlioccio già stava smerdando il buon nome della famiglia con lo schiribizzo di farsi una religione sua e per giunta facendosi schiattare nel giro di soli tre anni.
Toccava dunque a Lui raccogliere i cocci e salvare la baracca.
Il primo giorno costruì la macchina del tempo. Il secondo andò avanti indietro nei millenni a scoparsi le più grandi sorche della storia: da Cleopatra a Nicole Minetti, da Giovanna D'Arco a Marlene Dietrich passando per una revivalistica incestuosità con la siora Eva. Il terzo si riposò (leggi: si fece gli impacchi di bicarbonato - funziona per qualsiasi cosa - ai genitali per curarsi tutte le malattie che s'era beccato) ma giusto prima che iniziasse Carosello fece un salto nel 2013 e comprò "Sunbather" dei Deafheaven. Portò poi il cd e il lettore cd portatile del 1990 (nei suoi repentini viaggi nel tempo non s'era accorto dell'invenzione dell'mp3) nella cantina dove stava macerando il figlio e gli fece sentire la musica.
Una musica le cui parole facevano un po' così:
YAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
YAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
YAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
YAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
YAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
Naturalmente così appaiono alle nostre orecchie umane ma gli Dei hanno il grande potere di poter decifrare il growl e quelle parole in realtà erano:
MANNAGGIADIOCANEMAIALESUDICIONEINCULATO
CULODELLAMADONNAPRESOAMORSIDAICANIDISATANA
CRISTOFINOCCHIOBRUTTOINCULOSHAMPISTASIFALAPEDICURE
Scosso come da una scarica elettrica Gesù riaprì gli occhi e, incazzato e ferito nell'orgoglio, disse "mo ve faccio vede io chi è il finocchio". Trasformò allora la copertina di uno dei dischi black metal misto shoegaze più monumentali del secolo ventunesimo in una roba da ragazzine hipster color pèsca minandone la credibilità nella scena metallara. Che poi ai Deafheaven gli andò de lusso perché "la scena" è una sagra della salsiccia mentre le metalhipsterine je danno giù de brutto.
Infine, Dio disse a Gesù "annamo a casa, dai: non vorrei che facessi altri casini che potrebbero comportare altre recensioni con paradossi temporali. Inoltre me stai a fa perde la pubblicità del Moplen che me piasce tanto".
Amen


lunedì 25 marzo 2013

Holy Fever - "Holy Fever"

Una (santa) febbre da cavallo pres'abbene

2011

SBOOOOO! Fanculo l'hip-hop su SfigatIndie tornano le chitarre!
E che chitarrelle, che grintuccia, che foghetta, che fregolina!
Gli Holy Fever fanno un pop-punk-hardcore melodico che ricorda nella voce catarrosa, ma anche nel songwriting pluridimensionale con tanti elementi esterni (il bubblegum rock femminile rifacentesi agli anni '60 dei Cults o degli Sleigh Bells, ad esempio), band saporitissime come Titus Andronicus o Joyce Manor. Qui abbiamo un ep di soli tre pezzi, corti ma superconsistenti. Per ovviare al problema della scarsa durata sul vostro player di musica dovreste trovare un simbolo simile a quello del riciclo: pigiatelo e assumerete un'espressione gasata e gaia e beota per tutta la durata delle batterie del vostro dispositivo o, se si tratta di un aggeggio collegato alla presa della corrente, fintanto che non dovrete correre al cesso.

(Ecco una novità del blog. Ci si adegua a un futuro che pare abbastanza fulgido)

giovedì 31 gennaio 2013

A$AP Rocky - "Long.Live.A$AP"

Smascellare coi denti d'oro tempestati di diamanti.

2013

L'anno scorso mi son lamentato come una femminuccia per 12 mesi di fila di come il 2012 fosse noioso dal punto di vista musicale: gnègnègnègneè ;_;.
Ora è il 2013 è sto ipercompensando sentendomi come un gangsta da circa 31 giorni. 
Sono di statura media, magro, stempiato, miope e non faccio paura a nessuno ma questo disco mi fa camminare come se stessi levitando a un millimetro da terra. È la carica antigravitazionale generata dallo $wag che esce dal mio lettore mp3 attraversa le mie orecchie e si propaga per le ossa, me le estende e mi fa sentire più alto, poi mi scarica elettricità nei muscoli e mi dona elasticità e senso del ritmo, poi BOOM nel sistema nervoso dove secerne endorfine a bomba come se mi stessi fumando una giollona nucleare. E via così nel cervello per sparare altri stereotipi sui neri - BANGBANGBANG - come una Tec9 durante un drive-by da una Chevy Impala.
A$AP Rocky ha 25 anni ed è un rapper mediocre per tecnica e per testi però, dopo aver pubblicato un bel mixtape, s'è beccato un contratto da 3 milioni di dollari dalla RCA e in questo "Live.Love.A$AP" se la scoatta duro, alla faccia dell'industria discografica in crisi nera. Ed è proprio questa faccia tosta la sua forza principale, quella che gli ha procurato il malloppo: A$AP, al secolo Rakim Mayers, è giovane, bello e non ha nulla da temere grazie alla sua dentatura dorata, le sue treccine, i suoi bei vestiti firmati e il suo gran gusto nelle basi. O meglio il suo gran gusto nel scegliere i produttori giusti come Clams Casino, inventore di un dark-hop sfumato ed elegante, Danger Mouse e persino Skrillex che, dopo essersi trasformato in emulo di Burial, qui si sbizzarisce nella techno cafona di "Wild For The Night". Mentre altrove, come nella quasi zuccherosa "Fashion Killa", è lo stesso Rocky a coprodurre con lo pseudonimo di Lord Flacko.
"Long.Live.A$AP" è un album sfarzoso nei suoi beat, sulla scia di Watch The Throne di Kanye e Jay-Z, eppure scorrevole e divertente. Non lesina nemmeno sui featuring comprendendo tutti i rapper più IN del momento (Drake, Kendrick Lamar, Action Bronson e Danny Brown) ma è anche estremamente personale con la retorica spavalda del nostro A$AP Rocky a farla da padrone.
È l'album più tamarro di questo inizio di 2013. E anche il migliore.
E mentre lo ascoltate vi si allunga il pisello di una manciata di cm.
O vi si allarga la circonferenza della chiappe.


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