mercoledì 14 marzo 2012

The Fool - "The Fool"


1968

Se mai esistesse fra i lettori di SfigatIndie qualcun altro che come me ogni giorno della sua vita si domanda in quale momento il suo interesse per la musica anni ’60 si sia trasformato in un sentimento che unisce il fangirlaggio, il feticismo e la voglia di possedere una Lambretta, se mai esistesse una persona così insomma sicuramente già saprà chi sono i Fool. Per tutti gli altri invece ve lo spiego io.
I Fool erano quattro fricchettoni (tre olandesi e un canadese) di una comune hippie di Ibiza che nel 1966, approdati a Londra, si unirono a formare un gruppo decoratori di qualsiasi cosa decorabile. Nel giro di pochi anni decorarono vestiti, decorarono chitarre, decorarono copertine, decorarono band, decorarono macchine, decorarono palazzi…decorarono pure i Beatles! Poi andarono a Los Angeles e decorarono anche quello che allora era il murales più grande di sempre per la prima di "Hair", ma si sa…partire è un po’ come morire, vedi Los Angeles e poi muori, Los Angeles non è stata costruita in un giorno…insomma il quartetto si squartettò, ognuno per la sua strada e via. Era il 1969: Nixon diventava presidente, i Beatles non c’erano più, Sharon Tate veniva uccisa e forse anche Brian Jones, "Easy Rider" frantumava tanti sogni e soprattutto nasceva Frankie HI-NRG.
Se i Fool hanno sicuramente contribuito visivamente all’immagine classica del termine "psichedelico" sicuramente sono meno ricordati con affetto per quanto riguarda il loro disastrosissimo tuffo nel business musicale: nel 1968 uscì il loro primo e unico album prodotto da Graham Nash (aveva forse dei buffi con loro per la copertina di "Evolution"?) considerato da quasi tutti come una grandissima schifezza disgustorama disgustomatico.
Vi dirò con un po’ di vergogna che a me invece è piaciuto abbastanza; ne ho ascoltata tanta di musica psichedelica, di grandi artisti e anche di chi era così fatto da non ricordarsi come ci si allacciasse le scarpe: senza alcun dubbio i Fool rientrano nella seconda categoria e il loro album fa tanta tenerezza, con le sue percussioni ovunque ad cazzum canis e loro quattro tutti in coro dietro ullallà ullallà…però non è proprio questo che rende gli anni Sessanta così speciali? L’ingenuità, la voglia di partecipare, l’ottimismo? È una decade di sedicenni che con tre accordi in croce volevano imitare Muddy Waters e più tardi di fighetti con il tamburello il mano. L’album dei Fool non è assolutamente fuori luogo, anzi, è un bel vaffanculo ai successivi anni di dittatura del virtuosismo con l’Hard Rock e il Progressive.
E poi i loro disegni sono davvero carini.


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