sabato 18 febbraio 2012

Foals - "Antidotes"

Brit-math-pop per tutti direttamente dai lontani anni zero

2008

Sembra passata un'eternità, vero? Da quando la perfida albione ci smaronava ogni settimana con una nuova Next Big Thing, vero? Personalmente credo che questa percezione di indie-pervasività della scena britannica sia andata via via scemando in modo assurdo perché le famose riviste cartacee tipo NME o Mojo negli ultimi 5 anni hanno perso quasi tutta la loro storica influenza: hanno dovuto cedere il trono del trend-setting all'internèt. E infatti ora le novità da Inghilterra e dintorni o generalmente passano abbastanza in sordina oppure sono dei notevoli buchi nell'acqua: non mi dite che ancora ascoltate i Vaccines (bellini per carità ma pompati a dismisura)?
I tempi d'oro dei Franz Ferdinand, dei Bloc Party, dei Futureheads, dei Kaiser Chiefs, ecc., ormai evocano solo cantilene nostalgiche da nonni: "ai tempi miei c'erano i complessini che facevano un sacco di riffe melodici su dei ritmi pop-punk cariiiiiniiii, no quei rumori ovattati da capellone segaiolo che ascoltate voi giovini d'oggi".
I Foals sono stati una delle ultime band ad aver giovato del trattamento ultrageneroso della stampa loro connazionale, sulla scia di quel movimento electro-dance fondato dai Klaxons ma mai veramente nato che era il "nu-rave". Sempre i soliti riff melodici su ritmi post-punk, quindi, ma anche qualcosa in più. "Antidotes" suonava come la simpatica versione easy-listening degli americani Battles, i quali l'anno prima con il loro math-rock psicopatico e futuristico avevano sconquassato la scena alternativa. Dunque riff melodici, sì, ma anche spigolosi con strani timbri "legnosi", un po' africaneggianti, qualche ottone e testi ermetici e con velleità artistico-fighette, anche in francese ("en peu d'air sur la terre" dalla traccia d'apertura, chiamata "The French Open" appunto).
Easy-listening perché nonostante la veste cubista tutte le canzoni sono favolosamente canticchiabili: il concetto di base è scopiazzato, ma indorare la pillola così bene non è mica facile. Purtroppo poi nell'album successivo hanno mollato queste sonorità così taglienti per precorrere quei cazzo di rumori ovattati da capellone segaiolo (che a me in generale non disturbano troppo, eh) con un disco molto più etereo (ma di certo non etero) e lucidato, sin dalla copertina.
Ricordiamo quei tempi che furono, senza troppa nostalgia perché, nonostante tutto, i Foals nel loro piccolo sono rimasti nei cuori di gruppi che - venuti fuori dall'underground con minor frastuono - hanno forse fatto cose anche migliori (come Everything Everything, These New Puritans e Zun Zun Egui).


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