sabato 19 marzo 2011

Baroness - "Blue Record"

Metal, con passione

2009

Secondo me la copertina di un disco è importante. Ok, chiaro che oggi la sua importanza stia scemando in quanto capita spesso di ascoltare mp3 di dischi di cui non abbiamo idea di come sia fatta la cover; rimane, tuttavia, il fatto che, ancora oggi, se un artista ha intenzione di vendere un disco in formato fisico la copertina ce la deve mettere. Quindi, solitamente, quando vedo una copertina orrenda mi metto in guardia: so già che quello che sto per ascoltare sarà, nell'80% dei casi, un disco fetente. A una copertina brutta infatti corrisponde spesso e volentieri il fatto che l'artista non ha veramente a cuore l'opera che ha prodotto, in quanto probabilmente malriuscita, poiché se le cose stessero diversamente la curerebbe con passione in ogni minimo dettaglio, grafica compresa.
Domanda: in quale genere c'è il più alto numero di copertine cagose?
Risposta: il Metal.
Altra domanda: in quale genere si conta il più alto numero di dischi penosi?
Risposta: il Metal.
Le cose sono correlate. Non ci credete? Cliccate un po' su queste parole (chiedo scusa a tutti quelli che si sentiranno male alla vista di questi abomini grafici).

"Blue Record" dei Baroness ha una copertina bellissima, che ricorda un po' certe illustrazioni in stile liberty, disegnata dal cantante della band John Baizley (consiglio di dare un'occhiata ai suoi lavori) pertanto "Blue Record" dei Baroness è un disco bellissimo. Non sto scherzando: è probabilmente il miglior disco metal uscito nel 2009. Con le sue sonorità sludge (ovvero suoni densi suonati non troppo velocemente) questo dischetto blu è compattissimo e variegato a un tempo senza mai strafare "ingozzando le orecchie" di suono, come fa la quasi totalità dei dischi metal. Finalmente, un album del genere che si riesce ad ascoltare dall'inizio alla fine. Ad aiutare la digeribilità del tutto ci sono certi elementi tipicamente progressive (NO! Non "progressive metal", non fatevi strane idee) che non significa brani-di-10-minuti bensì un tipo di musica che è anche narrativa. Troviamo qui, a tal proposito, degli speziatissimi riff di chitarra che con le melodie che intessono sembra proprio che stiano raccontando una storia, una storia molto avvincente; non a caso c'è un leitmotiv che ritorna spesso durante il disco. Non troverete in quest'album una sola esibizione gratuita di tecnica, non un assolo inutile, ve lo giuro. Per quanto riguarda la voce è roca il giusto ma misurata e sempre comprensibile nel declamare liriche per nulla necrofile, scappando ancora una volta da uno dei peggiori stereotipi del genere.
Insomma, un disco davvero originale la cui bellezza trascende il recinto del suo masturbatorio e autoreiterante genere.


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