venerdì 1 aprile 2011

Bring Me The Horizon - "There Is a Hell, Believe Me I've Seen It. There Is a Heaven, Let's Keep It a Secret."

Piccoli poser crescono

2010

Voi vi fidereste di questi tipi? Voi vi fidereste di qualcuno in grado di concepire una copertina simile? E di un brano così inconsistente (o terrificante a seconda di quanto siano sensibili le vostre orecchie), vi fidereste?
Io onestamente non riuscivo a fidarmi: ho sempre trovato questa melassa di deathcore melodico finta e buona giusto per i bambocci """emo""" (un giorno parlerò dell'emo vero, quello bello) e poser di Piazza del Popolo (che, invero, si sono quasi estinti).
I Bring Me The Horizon, però, nel bel mezzo della scena metalcore odierna (decisamente spostata a occidente, geograficamente parlando), hanno un vantaggio dalla loro parte che gli ha permesso di fare un dischetto degno di finire su SfigatIndie. I ragazzi sono inglesi, di Sheffield. Sembra una cazzata, invece è importante. Questa loro provenienza marca la distanza dalla filosofia imperante nel metal americano che consiste nella caparbietà dell'essere sempre duri, puri e infischiarsene delle critiche finendo così per essere reiteranti e perseveranti nei propri errori. Questi ragazzotti, per quanto esteticamente molto americani, sanno, al contrario, cos'è l'autocritica e incuranti della possibilità di poter deludere un'ampia fetta dei loro seguaci frangetta-muniti hanno deciso di dare una svolta al loro sound. Questo terzo disco dal titolo kilometrico si allontana decisamente dai rutti gutturali del deathcore dei loro precedenti lavori e con essi scaccia pure un po' di ripetitività per accogliere un metalcore più leggero improntato alla melodia. Messa così non sembrerebbe nulla di particolarmente originale ma, per fortuna, i BTMH osano e inseriscono elementi inusuali come angelici cori femminili (sono solo infiorettature, eh. Non è mica power-metal), inserti di tastiere e effetti elettronici sulla voce e sulle chitarre. I clichés del genere non mancano, sarebbe chiedere troppo, ma in generale ciò che conta sono le canzoni e qui le cose vanno piuttosto bene: le alternanze fra pieni e vuoti, fra vocals puliti e growlati, fra accelerazioni e momenti riflessivi sono equilibrate e la produzione e gli arrangiamenti sono puliti, sì, ma mai patinati come quelli di molti dischi di metalcore statunitense. La prima canzone, "Crucify Me", ad esempio, è un gioiellino che mostra tutto ciò che di nuovo c'è nella band e con la sua struttura quasi progressiva è sempre avvincente durante tutti i suoi 6 minuti. L'unico difetto è la durata eccessiva del disco (52 minuti per un disco metal son sempre tanti) ma almeno fra un brano e l'altro sono stati inseriti brevissimi intermezzi strumentali di violini o tastiere ambient che riposano le orecchie. Un disco maturo quindi, ed è un piacere vedere come nel metal ci sia chi non s'arrende alla mediocrità.
Qualcuno potrebbe lamentarsi "non è metal questo": è buona musica, ed è tutto ciò che conta.


P.S.: molto ganzo il booklet del cd che si apre al centro

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